Teatro Piccolo Eliseo Roma
dal 12 novembre all’8 dicembre
Teatro Franco Parenti di Milano
dal 8 al 19 gennaio
presenta
Roberto Herlitzka
in
IL SOCCOMBENTE
ovvero il mistero Glenn Gould
di Thomas Bernhard
traduzione Renata Colorni
riduzione dall’omonimo romanzo di
Ruggero Cappuccio
e con
Marina Sorrenti
regia Nadia Baldi
musiche originali di Marco Betta
ambientazioni videografiche Davide Scognamiglio
progetto luci costumi e scene Nadia Baldi
assistente alla regia Davide Paciolla
luci Giuseppe Falcone
fonica Valerio Rodelli
foto Gabriele Gelsi
grafica Giovanni Natiello
consulenza amministrativa Isabella Amelio
organizzazione e distribuzione TEATRO SEGRETO SRL
collaborazione con A. P. S. Manovalanza
Roberto Herlitzka, vincitore quest’anno del Nastro d’argento alla carriera e del David di Donatello come migliore attore protagonista, sarà in scena dal 12 novembre all’8 dicembre al Piccolo Eliseo di Roma. Acclamato dal pubblico e critica per le recenti prove d’attore ne La Grande Bellezza di Sorrentino, La Bella Addormentata di Bellocchio e Il Rosso e il Blu di Piccioni, Herlitzka debutta ne Il Soccombente capolavoro di T. Bernhard per la prima volta sui palcoscenici italiani.
Nadia Baldi firma una nuova regia di uno dei capolavori della letteratura mondiale del Novecento. La versione teatrale è curata da Ruggero Cappuccio per l’interpretazione di Roberto Herlitzka e Marina Sorrenti. Il flusso vulcanico del romanzo di Bernhard esplode in tutta la sua lancinante bellezza, illuminando i temi cari all’autore e all’Arte del Novecento con una lucidità di scrittura assoluta e chirurgica. Il genio, il suo fatale isolamento, l’amicizia, l’amore, l’inquietudine come farmaco e veleno per sopravvivere alle crudeltà dell’esistenza umana, si sprigionano dalle parole di Bernhard attraverso il racconto di una vicenda esemplare. Due giovani amici, Wertheimer e l’io narrante dietro il quale si cela il desiderio di proiezione dello stesso scrittore, raggiungono Salisburgo per frequentare un corso di perfezionamento pianistico tenuto da Horowitz. Nella città di Mozart, che li adesca e deprime, i due giovani incontrano e si legano ad un ragazzo singolare che si chiama Glenn Gould. Quando Wertheimer e l’Io narrante sentono suonare Gould, vengono travolti dalla piena di un trauma interiore che non concederà loro un solo attimo di pace per il resto della vita. I due virtuosi del pianoforte comprendono con chiarezza abbagliante che il loro amico canadese è un genio, peggio, una prova indiscutibile dell’esistenza di Dio. Il futuro dell’Io narrante e di Wertheimer è compromesso per sempre. Entrambi abbandonano gli studi pianistici ed entrambi subiscono il ricatto quotidiano della insostituibile bellezza della musica. Gli assalti della frustrazione, dell’ossessione, di una tagliente dimensione fobica che li magnetizza verso il pianoforte e da esso li allontana, creano un monumento dell’ambivalenza sentimentale che si concretizza come summa perfetta dei modernissimi crocevia psicoanalitici. L’indubitabile amore che Wertheimer e l’Io narrante nutrono per Glenn Gould, l’ammirazione per la suprema profondità con la quale egli ricrea le variazioni Goldberg di Bach, vanno di pari passo con la consapevolezza che il Dio del suono è entrato nella loro vita minacciando di distruggerlo.
La regia di Nadia Baldi dà vita ad un set della memoria e del ritorno represso, facendo dell’Io narrante-Herlitzka il baricentro di un passato attivo che torna a reclamare i suoi diritti. La regia introduce ad “assecondarlo” una figura femminile inesistente nel romanzo, di cui non v’è certezza di identità, figura motore interpretata da Marina Sorrenti.
In un luogo adimensionale, l’Io Bernhard sopravvissuto alla fine di Gould e al suicidio di Wertheimer, compie un’impietosa anatomia delle anime, lottando contro le parole, contro il fantasma della mediocrità, contro la morte e la vita, con una passione e un calore scientifici, crudi e tragicomici. La messinscena, con le ambientazioni videografiche di Davide Scognamiglio e le musiche di Marco Betta, invita il pubblico ad entrare nella più profonda seduta analitica che la letteratura abbia prodotto nell’ultimo secolo. Il successo, il fallimento, le speranze, le disillusioni, l’amore per chi si odia e l’odio per chi si ama, le creature di un passato che non passa, attraverso il corpo di Berhard –Herlitzka con stupefacente vivezza, allineandosi al genio di Bach, come la ricerca delle variazioni infinite sull’essere e sul vivere.