IL SORRISO DI SAN GIOVANNI (1998)

ASSOCIAZIONE CULTURALE TEATRO SEGRETO
Direzione Artistica RUGGERO CAPPUCCIO

presenta

“IL SORRISO DI SAN GIOVANNI”
di
Ruggero Cappuccio
Premio Candoni- Arta Terme 1997
Premio UBU 1999Premio IDI ’93

Personaggi e interpreti
Marino di Pietratagliata
Cipriano Montella
Giacinto Valguarnera
Francesca Valguarnera
Maria Sofia Valguarnera
Tecla Valguarnera
Faustina Valguarnera
Orsolina Valguarnera
Galdino Valguarnera
Augusta Gina Ferri
Claudio Di Palma
Gea Martire
Ciro Damiano
Imma Marolda
Nadia Baldi
Paola Greco
Silvia Santagata
Anna Contieri
Sabrina Ferri
Gina Ferri
Regia
Ruggero Cappuccio
musiche
Paolo Vivaldi
scene e costumi
Carlo Poggioli
sartoria
Tirelli
parrucche
Rocchetti
scarpe Pompei
foto Le Pera
assistente alla regia
Marcella Porpora
disegno luci
Stefano Martino
datore luci
Michele Vittoriano
diaproiezioni su originali di
Mario Buonoconto
edizioni musicali
Flipper Music srl

Senza-titolo-10

The last Rose of Summer, Maria Sofia, ultimo fiore selvatico dei Valguarnera, misteriosamente intatto e appassito, la pelle ibernata nel tepore di una vecchia cipria, posa per Marino di Pietratagliata. Sarà l’ultima tela in cui i resti umani di una vecchia famiglia feudale appariranno completi del loro nulla. E l’invito ai pensieri belli che possono imprimere lo splendore della giovane donna nei colori del quadro viene accolto ed esaudito nella sua inconsistenza, perché Maria Sofia pensa solo a quello che non c’è, a quello che non c’è mai stato. Le pennellate di Marino resteranno volteggi di linee nell’aria.

I Valguarnera non potranno mai essere dipinti, dacché essi stessi, il pittore, la tela, i pennelli, i colori, sono soltanto l’eco di una musica che non c’è più. Ciò che avvertiamo della musica, al di qua delle colline è solo l’effetto di una morte che protrae sé stessa per infingere un attimo ancora la vita. La visione di un estremo affresco di famiglia in cui fiammeggiano macerie di bellezze, dispettosi sentimenti, è tutta di GiacintoValguarnera, primogenito ed ultimo discendente del suo casato, fratello di Maria Sofia, fratello di Galdino, Francesca, Tecla, Orsolina, Faustina, paterno padrone di Augusta cameriera, tutti immobilizzati nel martirio di un’ultima immagine: la visione della morte per un moribondo, il ritratto speculare della sua agonia. Forse le sorelle in posa sono al capezzale dell’ ultimo Valguarnera che per tutta la vita ha imprigionato e ghermito i loro destini. Gli amori, la giovinezza, i sogni e le follie delle cinque donne inamidate nel capriccio e nel rancore, sono stati schiacciati dalle possessive prepotenze di Giacinto e distillati nell’ossessivo cerimoniale di endecasillabi e sonetti che potessero colmare la distanza tra la memoria e il possesso di un paese, un palazzo e una vita che non ci sono più.

Le sorelle inquiete, la casa avita quasi diruta nell’immaginaria Vallemarosa, una vecchia terrazza, un antenato santo e verseggiatore che potrebbe sorridere nel mezzo di una notte di giugno, giocano l’ultima mano tra il desiderio di una rimozione definitiva e la nevrosi del ricordo.Tra queste fibrillazioni si leva il contrappunto di due stranieri, viaggiatori da Grand Tour che approdano a Vallemarosa provenienti dai nodi culturali della vecchia Europa. Portano nelle voci e nei gesti la malta scrostata di antiche letterature, sciocchi pamphlet, sghignazzi d’appendice, e svelano a Giacinto i segreti di una lingua purissima che suona come i versi degli antichi lirici greci. La lingua impossibile è servita: l’ultimo Valguarnera fonde i suoi pensieri nei sensi e nei suoni di una grammatica innocente e solitaria che si disegna sulle labbra con la feroce dolcezza di un’amante imprendibile venuta per confessargli il bacio della fine con il veleno di una memoria senza corpo, una memoria che non si può possedere.

Ruggero Cappuccio